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Aspettando il prossimo Seminario Europa: ‘Non uno di meno: – Formazione professionalizzante, un diritto di tutti, in programma a Taranto il 12 e il 13 ottobre, abbiamo intervistato Valentina Aprea: già sottosegretario al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nonché Segretario di Presidenza della Camera dei Deputati nella XV Legislatura e presidente della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione nella XVI Legislatura.

 

Presidente Valentina Aprea possiamo dire che con la sua presenza al Governo e al Parlamento e poi in Regione Lombardia come assessore all’Istruzione Formazione e Lavoro, la Formazione Professionale è uscita dal cono d’ombra in cui era rimasta fino a quel momento?

 

Che un sistema produttivo fortemente orientato all’innovazione richiedesse persone con competenze professionali idonee a gestire il cambiamento in atto che non è solo rapido, ma anche costante e che si dovesse per questo prevedere nell’ordinamento scolastico italiano una seconda gamba formativa per il conseguimento di qualifiche professionali, era chiaro a noi del Governo Berlusconi fin dagli anni 2000.

I passaggi più importanti del riconoscimento dell’istruzione e formazione professionale regionale nell’ordinamento scolastico italiano rimandano infatti, prevalentemente alla visione politica e istituzionale che proprio noi allora, abbiamo sempre avuto nei confronti di questo segmento formativo!

Certamente, il punto di svolta è stato aver riconosciuto, per la prima volta nell’ordinamento scolastico nazionale i percorsi di istruzione e formazione professionale regionale tra i percorsi secondari superiori con la legge N.53/2003 di Riforma degli ordinamenti.

Con il decreto legislativo n. 226/2005 abbiamo infatti, fortemente voluto che si esplicitasse che i percorsi della formazione professionale sono di pari dignità rispetto a tutti gli altri percorsi secondari e soprattutto abbiamo, già 20 anni fa ormai, fatto valere l’importanza del conseguimento di qualifiche professionali (e non solo di titoli di studio statali!) nell’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione o obbligo scolastico e formativo.

Non solo, ma già nel 2005 all’art. 15 del capo I della L. 53/2003 avevamo introdotto il raccordo tra i percorsi di istruzione tecnica e professionale statale con i percorsi di istruzione e formazione professionale regionali per costituire Centri polivalenti denominati “Campus” o “Poli formativi”, di cui si sente parlare ora e che vengono presentati come una novità assoluta.                     

Negli anni poi dal 2012 al 2018, da Assessore regionale in Lombardia,  ho promosso politiche pubbliche regionali per rafforzare e implementare la seconda gamba dell’offerta formativa lombarda coincidente con i  percorsi del sistema degli Enti accreditati della IeFP elevandoli sempre più a “prima scelta “degli studenti.

Ma soprattutto, in quegli anni, le politiche regionali da me promosse, attraverso il modello dotale hanno favorito una vera e propria evoluzione del paradigma educativo del sistema duale lombardo.  

E’ stata favorita una correlazione ancora più stringente tra formazione e lavoro, portando a compimento in una forma strutturale e intrinseca l’integrazione tra politiche formative e politiche per l’occupazione.

Con le scelte politiche ed istituzionali che la Regione Lombardia ha da allora portato avanti abbiamo dimostrato è possibile superare il modello educativo tradizionale, basato sul rapporto sequenziale tra istruzione e lavoro (prima l’istruzione e poi il lavoro) in favore di un modello che preveda un rapporto circolare tra istruzione e lavoro, nel quale la formazione “on the job” affianca la tradizionale formazione d’aula, completandola e integrandola.

Ma abbiamo fatto di più, sfruttando gli spazi istituzionali introdotti dalle leggi del “Jobs-act” del 2015 e della Legge 107 sempre del 2015 abbiamo introdotto e reso strutturale gli strumenti dell’apprendistato formativo di I livello (D.lg. 81 art. 43) e  l’ alternanza scuola-lavoro, ma soprattutto abbiamo istituito, primi in Italia, la filiera verticale professionalizzante che comprende tutti i livelli dell’istruzione e formazione professionale e raggiunge il livello terziario dell’Istruzione Tecnica Superiore (ITS), passando per l’Istruzione e Formazione Tecnica superiore (IFTS), con un forte aggancio al mondo dei mestieri e delle professioni, al pari delle esperienze europee più avanzate di “Vocational Education and Training”.

Ritornata in Parlamento dal 2018 al 2022 (XVIII Legislatura) ho implementato ulteriormente la filiera professionalizzante.

Come certamente saprete, infatti, sono riuscita con una legge che ho fortemente voluto e che porta il mio nome, ad introdurre nell’ordinamento formativo terziario il Sistema di Istruzione e Formazione Tecnologica Superiore-ITS Academy (insomma gli ITS, che erano regolati solo da un DPCM del 2009).

L’Italia aspettava l’istituzione di questo segmento non accademico e professionalizzante fin dal 1939. Per riuscirci, ci è voluto il vincolo esterno (la UE con il PNRR) e tutta la mia volontà politica e visione che si radicava proprio nell’esperienza del sistema lombardo.

La legge n. 99/2022  che ha istituito gli ITS Academy ha ora l’ambizione di integrare e completare proprio la filiera tecnologico professionalizzante introdotta con la IeFP della legge n. 53 del 2003 per le qualifiche professionali di I e II livello nei percorsi triennali e quadriennali regionali (EQF3 e 4) per giungere al conseguimento delle qualifiche di V e VI livello EQF, comparato quest’ultimo ai diplomi di laurea.

Insomma, a distanza di due decenni dalle Legge 53/2003 sono lieta di essere stata, ancora una volta, protagonista del completamento dell’acquisizione di qualificazioni professionalizzanti al di fuori del circuito statale.

 

Nel seminario Europeo di CIOFS in programma il 12 e 13 ottobre a Taranto, si parlerà anche degli ultimi provvedimenti legislativi dell’attuale Governo, in merito proprio alla Formazione Professionale come strumento di inserimento nel mondo del lavoro e di sviluppo della persona “studente”. Come li giudica?

 

Il PNRR ha sostanzialmente ammesso che non ci potrà essere nessuna modernizzazione del nostro Paese se non si provvederà in tempi brevi a creare una nuova generazione di tecnici e tecnologi che abbiano le competenze per trasformare con le tecnologie più avanzate (dall’intelligenza artificiale alla robotica) i settori della vita pubblica e privata. Questa consapevolezza ha ispirato tre interventi pubblici, indicati nel piano, che una volta attuati, dovrebbero essere in grado di portare l’Italia a compiere le necessarie transizioni del green e della digitalizzazione e favorire la nostra competitività a livello internazionale.

Si tratta di due riforme e una sperimentazione.

Le riforme riguardano i percorsi degli Istituti Tecnici e Professionali e quella degli ITS Academy e la sperimentazione riguarda le intere filiere tecnologico-professionali secondo un modello 4 + 2 + 1.  

Si stanno creando così le premesse per l’istituzione anche in Italia, come avviene da tempo in molti Paesi europei, di filiere tecnologico-professionali in grado di rispondere alla esigenze del settore produttivo nazionale, ma al contempo favorire la transizione occupazionale con un’offerta formativa di percorsi sempre più modulari, graduali e continui, anche mediante l’apprendistato formativo di cui agli art, 43 e 45 del decreto legislativo n. 81 del 2015.

In particolare, il Disegno di Legge sulla sperimentazione delle filiere tecnico professionali, di recente approvato dal Consiglio dei Ministri,                         è una buona notizia perché offre l’opportunità di ripensare l’intera filiera superando la distinzione e soprattutto la separazione tra istruzione tecnica (meglio sarebbe tecnologica) e quella professionale.

Si arriverà così a prevedere l’istituzione di un nuovo assetto ordinamentale quadriennale integrato a più uscite attraverso moduli formativi, graduali e continui che rilasciano titoli professionalizzanti EQF 3 e 4 dell’istruzione secondaria e 5 e 6 del segmento terziario dell’Istruzione Tecnologica Superiore, appena riformata in ITS Academy.

Occorre puntare, insomma, all’armonizzazione dei percorsi in un’ottica realmente professionalizzante facendo leva sulla quadriennalità dei percorsi, inclusi quelli della formazione professionale, sulla verticalità fino agli ITS Academy e prevedere Campus con Reti imprenditoriali e territoriali per affrontare e vincere le sfide di una maggiore formazione e qualificazione tecnologica dei nostri giovani e rafforzare il collegamento con il mondo del lavoro e dell’impresa.

 

Il Governo si è mosso. Quali potrebbero, in futuro, essere i nuovi passi verso una più completa realizzazione anche in chiave europea della formazione professionale.

 

Attualmente, l’Istruzione e la Formazione Professionale Regionale non è diffusa su tutto il territorio nazionale a fronte, al contrario, di una richiesta crescente di lavoratori in possesso di profili professionali propri dei percorsi della IeFP.

Andrebbe avviata e sostenuta per questo, una riflessione sull’istruzione e formazione professionale, riconosciuta come diritto-dovere dal nostro ordinamento scolastico ed esempio virtuoso di sussidiarietà orizzontale e verticale prevista dalla Costituzione, per arrivare a definire dei veri e propri LEP (Livelli Essenziali di Prestazione) legati a questo segmento formativo che deve essere garantito su tutto il territorio nazionale.

 

In un recente incontro organizzato dall’Istituto Nazionale per l’analisi della Politiche Pubbliche è emerso che l’Italia è tra le ultime in Europa per le spese in politiche attive del lavoro e la formazione professionale è la politica attiva per eccellenza.                                                                                                   

Il nodo risorse resta quindi un punto debole?

 

Non avere a disposizione in tutti i territori Centri di istruzione e Formazione Professionale che possano raccordarsi ai Centri per l’impiego o alle Agenzie per il lavoro per attività di formazione o di upskilling o reskilling non consente di raggiungere risultati soddisfacenti nelle politiche attive.

Lo dimostra il fatto che Regione Lombardia che ha, al contrario, come è noto, un solido e diffuso sistema di IeFP ha potuto recentemente con il Programma Garanzia Giovani porsi l’obiettivo di avviare al lavoro 90.000 giovani NEET su 100.000. Rispetto alla media nazionale la scelta di Regione Lombardia è stata quella di puntare su corsi di formazione professionale di qualità, valorizzando esperienze di formazione on the job con concrete prospettive di inserimento lavorativo dei giovani.

Siamo divenuti per questo best practice nazionale, arrivando a meritare riconoscimenti anche dalla Commissione Europea per l’alto numero di giovani inseriti.

E’ tempo di investire nuovamente sulla IeFP e sulle qualifiche professionali per contrastare in modo strutturale la dispersione scolastica e formativa ed arrestare il crescente fenomeno dei NEET, creando un sistema maturo ed europeo di politiche attive al lavoro.